La messa
Sabato pomeriggio sono andato a messa. Per la prima volta dopo quasi due settimane mi sono sentito veramente “a casa” e ho riflettuto sulla forza travolgente di una religione, di un messaggio se volete, che a duemila anni di distanza unisce ancora persone completamente diverse per lingua, razza, abitudini e cultura. Penso che questa cosa qui sia molto più evidente che da noi, perché in chiesa si vedono veramente persone di tutte le razze – americani, europei, asiatici, latino-americani – e perché le celebrazione sono molto sentite. Ho come avuto l’impressione che qui la messa sia più libera dagli aspetti “esteriori” che certe volte si vedono da noi: chi va in chiesa ci va perché ci crede e basta, non perché è tradizione e buon costume farlo. Ci si sente veramente cristiani e tutti fratelli, e, cosa che non avevo mai pensato prima, mi ha fatto molta impressione pensare che in quello stesso istante in chissà quante altre chiese del mondo, a migliaia di miglia di distanza, venivano lette le stesse scritture e pronunciate le stesse preghiere.
Il prete (rigorosamente dotato di microfono senza fili, ma siamo nella Silicon Valley…) era giapponese, ma la cosa non mi ha stupito più di tanto. La liturgia è la stessa che da noi, con numerosi canti eseguiti da un coro quasi di professionisti, come dicevo molto sentita e partecipata dai fedeli. E’ buffo pregare in una lingua diversa dalla propria, perché le preghiere le ho imparate in italiano e non sono capace di recitarle in inglese… con risultati che provocavano facce a forma di punto interrogativo nei miei vicini, che forse giocavano a capire “che lingua è”.
Amen qui lo dicono Emen, ed è un po’ buffo sentirlo perché sembra una presa in giro. Le letture sono state fatte da una pia donna locale, vestita con un maglione verde e bianco, forse per emulare i colori dei paramenti sacri del parroco, che leggeva in modo particolarmente solenne, come direbbero qui con molto “drama”. Quando leggeva i “thou” quasi tremavo dalla paura che incuteva. Quando alla fine ha detto “It is the Word of the Lord” mi ha ricordato fortissimamente la voce narrante del film “Il Signore degli Anelli” e davanti a me scorrevano immagini dell’inferno popolato da orchi, Nazgul e altre terribili creature della Terra di Mezzo. Ma di personaggi di questo tipo se ne vedono anche dalle nostre parti, quindi niente di strano.
Mi ero quasi dimenticato di vivere in un paese dove il latte viene venduto in confezioni da 4 litri, dove io riesco a entrare in un frigorifero, dove la cioccolata piccola equivale a mezzo litro di liquido bollente, dove le bistecche pesano almeno mezzo chilo… L’ostia.
Nel momento più sacro della celebrazione non sono riuscito a trattenere un sorriso quando il prete giapponese ha elevato al cielo un’ostia grande come una pizza! Ero già preparato psicologicamente a dover ricevere in mano questa sorta di piadina e a doverla piegare in quattro per poterla ingerire, ma con mio grande sollievo ho scoperto che le ostie distribuite ai fedeli sono di dimensioni simili alle nostre, solamente molto più spesse, in sostanza un Big Mac senza la carne. D’altronde siamo in America… me lo dovevo aspettare!
Un’ultima nota di colore: all’uscita dalla cerimonia la pia donna delle letture era sul sagrato della chiesa e, permeata di Spirito Santo, stringeva la mano a tutti i fedeli dicendo a ciascuno “Thou be blessed” in modo talmente drammatico che sono ancora scosso adesso.
Il prete (rigorosamente dotato di microfono senza fili, ma siamo nella Silicon Valley…) era giapponese, ma la cosa non mi ha stupito più di tanto. La liturgia è la stessa che da noi, con numerosi canti eseguiti da un coro quasi di professionisti, come dicevo molto sentita e partecipata dai fedeli. E’ buffo pregare in una lingua diversa dalla propria, perché le preghiere le ho imparate in italiano e non sono capace di recitarle in inglese… con risultati che provocavano facce a forma di punto interrogativo nei miei vicini, che forse giocavano a capire “che lingua è”.
Amen qui lo dicono Emen, ed è un po’ buffo sentirlo perché sembra una presa in giro. Le letture sono state fatte da una pia donna locale, vestita con un maglione verde e bianco, forse per emulare i colori dei paramenti sacri del parroco, che leggeva in modo particolarmente solenne, come direbbero qui con molto “drama”. Quando leggeva i “thou” quasi tremavo dalla paura che incuteva. Quando alla fine ha detto “It is the Word of the Lord” mi ha ricordato fortissimamente la voce narrante del film “Il Signore degli Anelli” e davanti a me scorrevano immagini dell’inferno popolato da orchi, Nazgul e altre terribili creature della Terra di Mezzo. Ma di personaggi di questo tipo se ne vedono anche dalle nostre parti, quindi niente di strano.
Mi ero quasi dimenticato di vivere in un paese dove il latte viene venduto in confezioni da 4 litri, dove io riesco a entrare in un frigorifero, dove la cioccolata piccola equivale a mezzo litro di liquido bollente, dove le bistecche pesano almeno mezzo chilo… L’ostia.
Nel momento più sacro della celebrazione non sono riuscito a trattenere un sorriso quando il prete giapponese ha elevato al cielo un’ostia grande come una pizza! Ero già preparato psicologicamente a dover ricevere in mano questa sorta di piadina e a doverla piegare in quattro per poterla ingerire, ma con mio grande sollievo ho scoperto che le ostie distribuite ai fedeli sono di dimensioni simili alle nostre, solamente molto più spesse, in sostanza un Big Mac senza la carne. D’altronde siamo in America… me lo dovevo aspettare!
Un’ultima nota di colore: all’uscita dalla cerimonia la pia donna delle letture era sul sagrato della chiesa e, permeata di Spirito Santo, stringeva la mano a tutti i fedeli dicendo a ciascuno “Thou be blessed” in modo talmente drammatico che sono ancora scosso adesso.
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