Sognando la California

Diario del mio periodo di studio a Palo Alto

Name:
Location: Mountain View, CA 94040, United States

Tuesday, October 24, 2006

Sabato c'erano 27 gradi

Centigradi ovviamente! Il clima della California è davvero splendido! Durante la notte le temperature si abbassano fino a 10 gradi, ma di giorno sembra di essere ancora d'estate. Domenica siamo andati a visitare il parco di Point Lobos, un promontorio sull'Oceano a sud di S.Francisco, vicino a Carmel. Era pieno di leoni marini e di cervi, che non avevano alcuna paura dell'uomo e si lasciavano avvicinare a distanza di pochi metri e fotografare. Sotto sera la temperatura si è abbassata ed è cominciata a salire la nebbia dall'oceano, creando un'atmosfera davvero spettrale. Il sole al tramonto filtrava appena nell'aria, la nebbia cominciava ad aleggiare nel bosco deserto e le onde si infrangevano sugli scogli con un fragore continuo e assordante. Mentre giravamo in macchina per le strade del parco io pensavo "Speriamo che questa macchina non si rompa!", altrimenti avremmo potuto girare The Blair Witch Project 2. Nelle foto alcune bellezze locali.

Monday, October 23, 2006

Le volpi americane

Sabato pomeriggio sono andato con Paolo a fare un giro a Stanford. Peccato che non avessi la macchina fotografica, perchè il parco dell'università è veramente bellissimo, diciamo che sembra una riserva naturale più che un'università! Si respira cultura, modernità, tradizione... il tutto all'ombra delle alte palme della California!
A turbare questo scenario idilliaco è sopraggiunta un tipico esempio di volpe americana: una ragazza, in infradito, in bicicletta, una mano sul manubrio, l'altra sul trolley che si tirava dietro allegramente. La cosa ancora più divertente è che la volpe ha pensato bene di passare anche sul gradino del marciapiede con bicicletta e trolley senza scendere. E' volata a gambe all'aria lei, la bicicletta e il trolley! Ma si può?

Women are fickle...


...they are always changing their mind...
Questo è il sottotitolo in inglese equivalente a:
La donna è mobile
qual fiume al vento
muta d'accento
e di pensiero
Non è proprio la stessa cosa, vero? Però almeno l'opera è stata cantata tutta in italiano, con i sottotitoli in inglese. Come avrete intuito, sabato sera siamo andati al San Francisco War Memorial Opera House a vedere Rigoletto. Dicono che sia il secondo migliore teatro degli Stati Uniti, dopo il Metropolitan di New York, ed effettivamente l'edificio è bello, ma nulla a che vedere con la Scala o anche con il Municipale. Il cast però era ottimo, non per niente il baritono era italiano!
La parte più divertente della serata però non è stata il teatro in sè, ma il viaggio di andata e ritorno da Mountain View a San Francisco.
Abbiamo avuto la malaugurata idea di far prendere la macchina ad una donna, tedesca per giunta. La crucca guidava la sua Passat con i tacchi a spilli, con un'interpretazione molto personale del limite di velocità di 65 mph e con un'interpretazione ancora più personale del concetto di NO U-TURN. Arrivati al parcheggio del teatro il custode si è invano sbracciato per farle capire che quella che aveva imboccato era l'uscita e non l'entrata del parcheggio, ma lei gli ha risposto "Ormai sono qui..." ed è entrata contro mano. Per fortuna che era donna, così il guardiano non le ha detto niente, tanto sapeva che sarebbe uscito sconfitto dalla discussione.
Alla fine dello spettacolo, la crucca ha cercato di uscire dal parcheggio infilando nell'apposita fessura per fare alzare la sbarra il biglietto del teatro anziché il biglietto del parcheggio, nonostante le dimensioni fossero evidentemente incompatibili. Chiarito l'inconveniente finalmente siamo ripartiti. A questo punto c'era uno strano suono, un beep continuo, e la crucca era visibilmente infastidita. Sostenendo che il suono fosse dovuto al fatto che le cinture dietro fossero slacciate (nonostante nell'andata non ci fosse nessun suono), ci ha prima fatto legare tutti per bene, poi è scesa e ha fatto il giro di portiere e baule per controllare che fossero chiusi. Visto che il beep continuava si è rassegnata ed è ripartita. Solamente dopo circa 10 minuti si è accorta di avere ancora il freno a mano tirato! Como se fa!

Sunday, October 15, 2006

Il Golden Gate

Finalmente una foto del Golden Gate da vicino, in una fredda giornata autunnale all'estremità nord di San Francisco. Vi assicuro che vederlo da vicino è molto più impressionante che vederlo in fotografia... Ora devo tornarci in un giorno con anche la nebbia, perchè i Californiani dicono che il "vero" Golden Gate è quello avvolto dalla nebbia che sale dall'oceano. Qui a lato alcuni dati sulla costruzione del ponte.

Thursday, October 12, 2006

I bambini all'asilo... il cane in ufficio!

Ho scoperto che qui al campus è consentito portare i propri "pets", e c'è qualcuno che lo fa regolarmente! Ecco a voi Shane, bellissimo esamplare di Labrador femmina di 10 anni. Vive nell'Ufficio Marketing.

Wednesday, October 11, 2006

A pranzo con il Japan

Incredibile ma vero oggi il giapponese ha accettato un invito a pranzo e siamo andati a mangiare in un centro commerciale qui vicino. Aveva le scarpe. Quando gli ho chiesto quanti abitanti ha S.Francisco e se preferisce vivere qua o in Giappone ha risposto "I'm not really good at this cultural kind of questions... I'm much more into software".

Monday, October 09, 2006

La mia lotta contro la standardizzazione e la mia stima per il MacDonald

A Milano nel bar dove faccio colazione c'è sempre un sacco di gente. Eppure il barista sa che voglio un latte caldo con il cacao, basta che io lo saluti, non devo neppure chiederglielo, anche perchè in fatto di alimentazione sono abbastanza abitudinario.
Nel bar dove vado a pranzo mangia una quantità enorme di altre persone, eppure il barista ormai ha imparato a conoscere i miei gusti: sa che come affettato voglio il prosciutto crudo, come verdura o i pomodori o le patate, che la pasta la voglio calda anche d'estate quando è pasta fredda, ecc. C'è intesa. Non mi sento un cliente "anonimo", ma quasi come se fossi a casa.
Il MacDonald è il regno della standardizzazione, sia dei prodotti che dei processi. Ci sono tipi predefiniti di hamburger, tipi predefiniti di menù, le operazioni sono tutte controllate nei minimi dettagli, in modo da poter raggiungere la massima efficienza e ridurre i prezzi.
Il MacDonald del campus non è molto frequentato, c'è sempre poca gente, perchè tutti mangiano i pranzi precotti scaldati nel microonde o si portano porcate da casa. Ormai ci sono andato diverse volte a pranzo e la cameriera è sempre la stessa (cinese), ma le è stato talmente inculcato il concetto di standardizzazione che ancora non ha capito quali sono i miei gusti, e tutte le volte glieli devo ripetere. Però quando chiedo un hamburger col pollo, ma solo pollo e pomodoro, niente salse, niente formaggio, niente insalata, ecc. ecc., con il pollo non fritto, ma solo grigliato, come bibita dell'acqua naturale ma senza ghiaccio... nonostante questo mandi completamente in crisi la standardizzazione dei loro processi, lei prende l'ordine senza battere ciglio e lo esegue alla lettera. E' per questo che stimo il MacDonald.

I Blue Angels

Sabato a San Francisco c'è stata una festa particolare a conclusione della Fleet Week, la settimana dedicata all'aeronautica militare. I Blue Angels sono l'equivalente delle nostre frecce tricolore. Non avevo mai visto acrobazie del genere dal vivo, gli aerei sembravano quasi telecomandati tanto erano perfetti nei loro giri della morte e nelle loro evoluzioni. E il rumore... tanto assordante quanto impressionante!
Un'altra cosa impressionante è la quantità di stand dell'aeronautica che cerca di fare "recruiting", visto che il servizio militare è volontario e che in questo momento purtroppo c'è bisogno di soldati. Tutti questi stand sono pieni di videogiochi tipo PlayStation tutti ispirati alla guerra e ai combattimenti aerei, e ci sono gli adolescenti americani che fanno la coda per poter giocare a fare la guerra. Non so se ridere o piangere quando vedo che la più grande potenza militare del mondo attira le sue future reclute con dei videogiochi.

Venerdì sera: 9.30 Cheope

7.30 Skype.
Mentre bolle l’acqua per la pasta (ah… la pasta!) accendo il portatile sul tavolo della cucina. Chiamo Anna su Skype: “Hi there, so what are we doing tonight?”. Lei mi dice che ne sta parlando già con gli altri “Aspetta che ti inserisco in chat”. Ora sono connesso e posso partecipare alla vita sociale.
E’ così che funzionano le cose qui. Nonostante tutti abbiano un cellulare e i messaggi costino solo 5 centesimi (4 centesimi di euro, 1/3 che da noi, però qui per le telefonate si pagano anche quando si riceve, e lo squillo costa 25 centesimi!!!) non è più di moda scambiarsi mille sms per decidere cosa a fare alla sera. Ci si connette e si decide in chat dove andare, comodamente seduti a casa e non si sta mezz’ora in piedi al freddo ad aspettare. Forse la connessione broad band in tutte le case aiuta, e forse Google che ha coperto con la sua rete WiFi gratuita tutta Mountain View aiuta ancora di più.
Scolo la pasta, porto il piatto sul tavolo e mi metto a mangiare, mentre con un occhio seguo distrattamente la chat che va avanti con 6 o 7 persone che contemporaneamente si raccontano cosa hanno fatto durante il giorno e cosa vogliono fare il week-end.
“Va bene a tutti Nola?”. “Cos’è Nola?” chiedo io. Mi arriva subito un link, clicco e vedo la foto del locale: una sorta di disco pub, il sito dice che è frequentato da molti studenti di Stanford e che l’ingresso è libero, basta avere 21 anni (qui sono fiscalissimi). “Ma dov’è? Io non ci sono mai stato”. “Aspetta, ti giro il link alla mappa di Google”. Clicco e mi appare la mappa di Palo Alto con un freccia che indica dov’è il locale. Ho già impostato casa mia come partenza predefinita, un altro clic e so qual è la strada più breve. Anna mi chiede un passaggio. “Sure”, rispondo. Sarò lì da te alle 9.45… “But remember that I’m Italian and probably I’ll be late”. Tutti si mettono a ridere, lo vedo dalle faccine che compaiono nella chat.
Sembra un altro mondo, il futuro, ed effettivamente lo è. Se è vero che in Europa si fa sempre quello che si fa in America con qualche anno di ritardo probabilmente fra qualche anno anche noi non ci troveremo più al Cheope, ma su Skype. Effettivamente è comodo, non c’è che dire!
Il locale è carino, niente di particolare però, abbastanza simile al nostro Temple. Pieno di gente, molti americani, molti asiatici (indiani, vietnamiti, cinesi, coreani), qui di europei ce ne sono pochi. La serata prosegue in una discoteca, il Blue Chalk, che assomiglia molto ad uno dei saloon che si vedono nei film western. La musica è come da noi, alcune canzoni sono le stesse, la compagnia è buona e quindi ci si diverte. E’ incredibile quanta birra riescano a bere i tedeschi (e le tedesche) in una sola serata: 4, 5, 6 più i superalcolici e per loro è normale, non sono neppure brilli! Io rimango fedele alla mia “coke”, ma ho preso su la macchina, quindi per loro è tutto normale. Chi guida non beve neppure un goccio d’alcol, qui sono tutti molto attenti, anche perché se ti ferma la polizia e sei fuori dal limite fai la notte in cella.
A un certo punto nel locale scoppia una rissa, non si è capito neppure perché, ma immediatamente arrivano quattro buttafuori (e qui i buttafuori sono VERAMENTE grossi) e in modo molto accurato, preciso e silenzioso buttano letteralmente fuori i quattro rissosi nelle braccia delle polizia che aveva una pattuglia fissa fuori dal locale. Tutto riprende come prima, per fortuna!
All’1.50 la musica diventa più soft e si accendono le luci: si va a casa, perché alle 2 il locale chiude, come tutti gli altri del resto.
Meglio così perché il giorno dopo ci aspetta una lunga giornata a S.Francisco.
La serata per eccellenza qui è il venerdì sera, e di gente se ne vede in giro parecchio. Il sabato è molto meno sentito. Io in particolare l’ho praticamente sempre passato in casa, perché sono sempre stato in giro tutta la giornata, sono arrivato a casa alle 11 e la domenica mattina ci si alza presto per andare a fare qualche altro giro.

Certo però che anche trovarsi al Cheope, al Liceo o in Piazza Cavalli ha il suo fascino, forse più di Skype.




Junk food

Anna: "I've been eating junk food for all the week... today I'll have a healthy lunch!"

L'Oceano

Oggi sono andato a vedere l'Oceano, quello vero. Completamente assorto dalla vastità dell'Oceano Pacifico che si estendeva all'orizzonte, dalla potenza delle onde più alte che avevo mai visto nella mia vita, assordato dallo scroscio dei frangenti sugli scogli, inebriato dal profumo del mare, qui veramente incontaminato, dentro di me pensavo che il mio posto non è qui ma là in mezzo.
E' bello sognare...
Si tratta del "Santuario Marino" di Monterey, a circa un'ora e mezza di strada da Palo Alto, verso sud. Miglia e miglia di spiaggia incontaminata, scogliere piene di gabbiani, cormorani, ma anche foche e leoni marini. Non pensavo che le foche fossero così grosse... e adesso ho capito perchè si dice "imbranato come una foca"! Praticamente quando sono a terra rotolano!
Ho sbagliato stagione per venire in California, dovevo venire d'estate! Ormai l'acqua è troppo fredda anche per la maggior parte degli americani, e non c'erano molti surfisti tra le onde. Oggi ho visto solo un adolescente fuori di testa che in costume da bagno, senza neanche la muta, si metteva a correre sulla spiaggia in discesa, lanciava la tavola da surf sulla sabbia davanti a sè, ci saltava sopra e poi finiva direttamente in acqua, sopra all'onda che stava arrivando.

Qui sotto i miei compagni di viaggio: (da sinistra) Marion, Anna e Cyrus.

Wednesday, October 04, 2006

Il piano anti-terremoto

Oggi mi hanno spiegato le procedure di emergenza in caso di terremoto. L'ultimo terremoto significativo per fortuna risale al lontano 1989, tuttavia ci sono frequenti terremoti molto deboli percepiti solo dagli strumenti. Vi è poi una piccola probabilità che ci siano terremoti "medi", di quelli cioè che fanno oscillare i lampadari e poco più. In questo caso bisogna stare lontano dalle finestre, perchè i vetri potrebbero rompersi, non sostare sotto tubature, luci, pannelli e simili che potrebbero cadere, ripararsi invece sotto una trave o un pilastro portante dell'edificio. Mi hanno detto, nel caso malcapitato dovesse accadere, di non uscire assolutamente, perchè le scale sono una delle prime parti ad essere danneggiate e perchè, se il terremoto non fosse poi tanto "medio", gli edifici qui sono progettati in modo che le pareti cadano verso l'esterno, un po' come nei cartoni animati.
La parte più esilarante della spiegazione però è stata quella relativa agli attacchi nucleari. "We do not have nuclear attacks evacuation plans", ma mi hanno subito rassicurato spiegandomi che esperti dell'intelligence hanno determinato con ragionevole accuratezza che se la Cina o qualche altra potenza nucleare dovesse lanciare un attacco sulla West Coast, sicuramente colpirebbe per primo l'AMES Research Park, ovvero il campus della NASA dove è ubicata l'università. "In that case, you would not need any evacuation plan".

Tuesday, October 03, 2006

Oggi c'è stato il lunch meeting settimanale. Cotolette di pollo stavolta. Mentre mangiavo mi è caduto l'occhio sotto al tavolo e cosa ho visto... il giapponese senza una scarpa giù che giocava facendo tintinnare la sua Timberland con le sue calze bianche! Che orrore!

Guidare in America

Guidare in America è decisamente facile. Le macchine hanno il cambio automatico, le strade sono tutte larghe, a 2 o 3 corsie, e tutto è scritto sui segnali stradali, inclusi i limiti di velocità, che sono secondo me giustamente molto rigidi (dai 25 ai 35 mph in città, massimo 65 mph in autostrada).
Ci sono solo tre piccole cose da imparare.
1) I semafori sono sempre dall'altro lato della strada. Più volte ho rischiato di rimanere come un deficiente nel bel mezzo dell'incrocio perchè istintivamente mi viene da fermarmi al semaforo, non 10 metri prima.
2) Anche se c'è rosso, si può lo stesso girare a destra (un po' come a Napoli, ma qui le strade sono a più corsie e in ogni caso solo se si gira a destra!). Questo l'ho capito dopo tutte le volte che ero fermo al semaforo nella corsia di destra e la gente dietro strombazzava. Però "strombazzava" non è il termine esatto, qui non è come a Milano: gli Americani aspettano cortesemente una trentina di secondi per capire cosa stai facendo, dopo fanno un leggerissimo colpo di clacson, per non invadere la tua privacy forse, non si sa mai...
3) Agli stop non ha la precedenza chi arriva da destra, ma chi arriva per primo. E questo è un gran casino, perchè mi è capitato più volte di trovarmi ad un incrocio con altre tre macchine, ognuna su un diverso lato dell'incrocio, tutti che si guardano in faccia per capire chi deve andare per primo.
Dopodiché ogni tanto si vedono girare dei macchinoni enormi senza guidatore che fanno manovre pericolosissime e apparentemente senza senso. Un'analisi più accurata del veicolo rivela la presenza di due mani sul volante: si tratta sicuramente di una giapponese alla guida, la cosa più pericolosa che si possa trovare sulle strade della California. Ho assistito a scene grottesche con protagoniste donne nipponiche al volante, del tipo "fa marcia indietro e uccide il cane, fa marcia avanti e uccide il gatto".

Monday, October 02, 2006

I crucchi

Ecco alcuni dei miei nuovi amici ed amiche, guardando l'oceano e i gabbiani al molo di San Francisco.

San Francisco

Ieri sono stato ancora a S.Francisco, e ci tornerò ancora perchè è una città troppo bella. L'ho trovata estremamente europea, con artisti di strada, mangiafuoco, negozi, bancarelle... L'oceano è affascinante e prima o poi organizzo e per ung giorno sulla barca a vela che vedete qui a fianco ci sarà su io. Ho visitato il museo navale, dove ci sono quattro imbarcazioni del 1800 perfettamente conservate su cui si può salire a bordo per poterne visitare ogni singolo anfratto.

Altra attrazione da non perdere sono le cable car, un vero e proprio ottovolante cittadino. Si tratta di vecchi tram che si agganciano con una grossa pinza direttamente ad un cavo di acciaio che scorre in mezzo ai binari e che li traina in giro per la città. Quando sono pieni la gente sta in piedi sul predellino esterirore tenendosi agli "appositi sostegni". Le strade di San Francisco sono un continuo sali e scendi, e gli autisti delle cable car sono dei pazzi che continuano a suonare la campana e spostano la gente per ridistribuire al meglio il peso e stabilizzare il veicolo. Potete immaginarvi le scene... Ieri c'era un giapponese (come al solito) che si era completamente sporto al di fuori del tram e continuava a scattare fotografie, se non ché un altra cable car arrivava dalla direzione opposta, e lo spazio tra i due veicoli, tenendo conto delle oscillazioni, è di circa 20-30 cm. Praticamente il Nippon dopo aver visto la morte in faccia (o meglio, nell'obiettivo) ha dato prova di grande agilità ed istinto di sopravvivenza ed è letteralmente saltato sull'altro tram.

This is soap, please do not eat!


Questo è quello che Clementina chiamerebbe "approccio comportamentista"...

Mrs "I'm so excited!"

A scuola c'è una segretaria che sembra la strega di Biancaneve, non fosse altro per il sedere enorme che si ritrova, mentre la strega della fiaba era abbastanza rinsecchita. L'unica cosa che sa dire è praticamente "I'm so excited!", anche lei con molto "drama". Esempi di conversazione sono:
"I've found an house, do you know?" - "Oh! I'm so excited!"
"I went to the MacDonald to have lunch... it's getting colder outside" - "Oh! I'm so excited!"
"My wife says I'm too fat and it isn't healthy, so she has decided to stop putting butter in my sandwiches" - "Oh!That's wonderful!I'm so excited!"

La messa

Sabato pomeriggio sono andato a messa. Per la prima volta dopo quasi due settimane mi sono sentito veramente “a casa” e ho riflettuto sulla forza travolgente di una religione, di un messaggio se volete, che a duemila anni di distanza unisce ancora persone completamente diverse per lingua, razza, abitudini e cultura. Penso che questa cosa qui sia molto più evidente che da noi, perché in chiesa si vedono veramente persone di tutte le razze – americani, europei, asiatici, latino-americani – e perché le celebrazione sono molto sentite. Ho come avuto l’impressione che qui la messa sia più libera dagli aspetti “esteriori” che certe volte si vedono da noi: chi va in chiesa ci va perché ci crede e basta, non perché è tradizione e buon costume farlo. Ci si sente veramente cristiani e tutti fratelli, e, cosa che non avevo mai pensato prima, mi ha fatto molta impressione pensare che in quello stesso istante in chissà quante altre chiese del mondo, a migliaia di miglia di distanza, venivano lette le stesse scritture e pronunciate le stesse preghiere.
Il prete (rigorosamente dotato di microfono senza fili, ma siamo nella Silicon Valley…) era giapponese, ma la cosa non mi ha stupito più di tanto. La liturgia è la stessa che da noi, con numerosi canti eseguiti da un coro quasi di professionisti, come dicevo molto sentita e partecipata dai fedeli. E’ buffo pregare in una lingua diversa dalla propria, perché le preghiere le ho imparate in italiano e non sono capace di recitarle in inglese… con risultati che provocavano facce a forma di punto interrogativo nei miei vicini, che forse giocavano a capire “che lingua è”.
Amen qui lo dicono Emen, ed è un po’ buffo sentirlo perché sembra una presa in giro. Le letture sono state fatte da una pia donna locale, vestita con un maglione verde e bianco, forse per emulare i colori dei paramenti sacri del parroco, che leggeva in modo particolarmente solenne, come direbbero qui con molto “drama”. Quando leggeva i “thou” quasi tremavo dalla paura che incuteva. Quando alla fine ha detto “It is the Word of the Lord” mi ha ricordato fortissimamente la voce narrante del film “Il Signore degli Anelli” e davanti a me scorrevano immagini dell’inferno popolato da orchi, Nazgul e altre terribili creature della Terra di Mezzo. Ma di personaggi di questo tipo se ne vedono anche dalle nostre parti, quindi niente di strano.
Mi ero quasi dimenticato di vivere in un paese dove il latte viene venduto in confezioni da 4 litri, dove io riesco a entrare in un frigorifero, dove la cioccolata piccola equivale a mezzo litro di liquido bollente, dove le bistecche pesano almeno mezzo chilo… L’ostia.
Nel momento più sacro della celebrazione non sono riuscito a trattenere un sorriso quando il prete giapponese ha elevato al cielo un’ostia grande come una pizza! Ero già preparato psicologicamente a dover ricevere in mano questa sorta di piadina e a doverla piegare in quattro per poterla ingerire, ma con mio grande sollievo ho scoperto che le ostie distribuite ai fedeli sono di dimensioni simili alle nostre, solamente molto più spesse, in sostanza un Big Mac senza la carne. D’altronde siamo in America… me lo dovevo aspettare!
Un’ultima nota di colore: all’uscita dalla cerimonia la pia donna delle letture era sul sagrato della chiesa e, permeata di Spirito Santo, stringeva la mano a tutti i fedeli dicendo a ciascuno “Thou be blessed” in modo talmente drammatico che sono ancora scosso adesso.

La vita notturna

Ho fatto amicizia con un gruppo di tedeschi e austriaci, molti di loro sono stagisti all’Infinion, una società che produce componenti elettronici e apparati di telecomunicazione che ha una sede a San José, 15 minuti da qui. I crucchi sono gente simpatica, molto socievoli, e poi in mezzo a tutti questi americani ed asiatici mi sembra di avere così tante cose in comune con loro… siamo Europei! Parlano tutti l’inglese molto bene, ho solo notato che quando parlano l’inglese tra di loro – parlano inglese per educazione, in modo che anche gli altri possano capire – dopo un po’ cominciano a degenerare, le v diventano f e le w diventano v… “Vot tu you sink about dat?”, le loro parole diventano sempre più aspre e gutturali e io mi aspetto sempre di vedere uscire la bava dalle loro bocche.
Mountain View di sera è una cittadina piacevole, in quando ha un “downtown” pieno di locali e di gente che passeggia che ricorda vagamente il centro delle nostre città. Palo Alto invece è una cittadina molto più residenziale: tutti viali alberati bellissimi, ma a parte nella zona dell’università un po’ meno locali e un po’ meno negozi.
Per quanto riguarda la vita notturna gli americani sembrano un po’ più furbi di noi: qui la maggior parte dei locali chiude alle 2 di notte, quindi in discoteca si va alle 10 di sera, con lo stesso risultato complessivo che dalle nostre parti, ma con una vita un po’ più equilibrata. L’alcool è rigorosamente vietato ai minorenni, tant’è che all’ingresso dei locali viene chiesto un documento (anche a persone evidentemente quarantenni, forse per eccesso di zelo), e la cosa non è sbagliata visto che qui i minorenni guidano.
Qui ci sono centri commerciali aperti 24h su 24, venerdì sera siamo passati davanti ad uno per sbaglio, ed è impressionante vedere quanta gente ci sia che fa shopping alle 2 di notte, magari comprando un pollo arrosto appena sfornato e una torta al cioccolato… diciamo che noi abbiamo altri modi per nutrirci e per divertirci!

La didattica

Qui la didattica è molto diversa che da noi, e penso che il centro dove mi trovo sia molto innovativo anche rispetto alle altre università americane. Innanzi tutto ci sono solo corsi di master, quindi la maggior parte degli studenti sono anche lavoratori o comunque hanno già avuto esperienze lavorative e si iscrivono per specializzarsi o aumentare la propria qualifica. Molti studenti sono “remote”, cioè vivono lontano e partecipano ai corsi in maniera virtuale. Poiché molti sono lavoratori, la maggior parte degli incontri e delle lezione avviene la sera.
L’anno accademico è organizzato in semestri (Fall e Spring) come da noi, ma i corsi non seguono un calendario predefinito: durano mediamente 6 o 7 settimane, ma cominciano in modo sparso durante l’anno, in sostanza quando il docente ha tempo per tenerli. Per esempio io seguirò un corso di “Metrics” che inizia a fine ottobre, uno di “Requirements” che inizierà a dicembre e uno di “Software development process management” che inizierà a gennaio. Non avendo ancora cominciato a seguire i corsi non mi sono ancora fatto un’idea dettagliata, comunque l’impressione è che l’attenzione sia posta sulla gestione dei processi IT e l’organizzazione dell’azienda piuttosto che sugli aspetti tecnici. Il mio supervisore mi ha dato da leggere un libro intitolato “Peopleware”, che spiega come il fallimento dei progetti informatici non sia mai dovuto a carenze di carattere tecnologico, quanto piuttosto di carattere organizzativo e manageriale.
Il concetto di didattica frontale non esiste. Gli studenti per superare l’esame devono portare a termine un progetto, che comporta per forza di cose l’interazione con altri studenti. Vengono messi a disposizione diversi strumenti per favorire un’interazione online, come wiki, sistemi di teleconferenza, forum e simili. Settimanalmente ci sono degli incontri in cui gli studenti presentano lo stato di avanzamento del progetto e le difficoltà che riscontrano. Questi incontri sono guidati dai professori, che consigliano ed indirizzano i vari studenti e alla fine della “lezione” fanno una sorta di wrap-up e riassumono i concetti emersi.
Viene inoltre data molta importanza al rapporto individuale docente-studente. I professori infatti incontrano spesso gli studenti in modo individuale, in modo da aiutarli a svolgere il progetto nel migliore dei modi. Questo ovviamente è reso possibile dai numeri contenuti (30-40 studenti per corso), da noi sarebbe impensabile! I rapporti con il docente sono molto informali: qui è normale chiamare il professore per nome (Tony) e chattare con lui su Skype. Anche questo da noi per ora sarebbe impensabile! C’è anche da dire che qui la retta annua di iscrizione al master è 20.000$, contro i 2000€ del Politecnico…